I casi di bambini allontanati dalla mamme dopo una denuncia per violenza contro il marito sono centinaia. Le stime parlano di migliaia. Un fenomeno sommerso di cui si parla poco, ma che sta man mano venendo a galla. Il caso più eclatante è stato quello dei 4 fratelli di Cuneo tra i 6 e i 16 anni allontanati dalla madre in seguito alla separazione dei genitori e alla denuncia del padre per presunti abusi. Succedeva nel dicembre 2019. La più piccola, sei anni, venne affidata a una famiglia e gli altri tre sistemati in tre comunità separate. I più grandi iniziarono uno sciopero della fame, poi della scuola, finché poche settimane fa, dopo otto mesi di comunità, due sono tornati a casa dalla mamma. 

Il loro non è un caso isolato. Se fino a poco tempo fa si pensava a errori giudiziari, adesso sta venendo alla luce un fenomeno molto diffuso. Possibile?

I cortocircuiti giudiziari nei tribunali italiani

Com’è possibile che si producano questi cortocircuiti? «Succede tutto ciò perché le donne nei tribunali non vengono credute e i bambini neppure ascoltati, anche se la legge lo impone dai 12 anni» spiega l’avvocata Michela Nacca che, insieme all’avvocata Simona D’Aquilio e a Maria Grazia De Benedictis, ha fondato l’associazione Maison Antigone, punto di riferimento per le donne in questa condizione. «Alla base di questo ingorgo c’è il principio della bigenitorialità, sancito dalla legge 54 del 2006. Di per sé legittimo perché è giusto che entrambi i genitori anche in una separazione conflittuale possano stare con i bambini, ma il sistema va in cortocircuito quando questo principio viene applicato in modo cieco e pretestuoso: in molti casi, infatti, per assecondare il principio dell’importanza della figura paterna, i giudici ignorano le denunce presentate dalle madri – anzi, le ritengono infondate -, non ascoltano i figli e soprattutto attribuiscono alle madri la “colpa” del fatto che i bambini non vogliano vedere il padre. Ma chiediamoci: se ci sono violenze (non necessariamente fisiche, possono essere psicologiche), non è normale che i bambini vogliano stare con la mamma? Invece nei tribunali italiani si applica ancora la cosiddetta Pas (Parental Alienation Syndrome), il principio ritenuto infondato ormai da tutta la comunità scientifica internazionale, per cui le mamme indurrebbero i figli a rifiutare il padre. E per questo i bambini verrebbero loro sottratti».

Anche la Commissione femminicidio contro questi abusi

Della questione si sta occupando la Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, presieduta dalla senatrice Valeria Valente. «Dopo le segnalazioni, abbiamo deciso di acquisire circa 1.500 fascicoli di separazioni con affido di minori, tra tribunali ordinari e minorili, per capire quanti casi siano stati affrontati in questi anni invocando in maniera errata la cosiddetta alienazione parentale». Teoria condannata da tutti gli organismi internazionali (Oms compreso), ma che in Italia continua ad essere applicata, nonostante richiami e moniti. «Lo stereotipo delle donne bugiarde e adesive, simbiotiche, ostative (i tanti nomi con cui l’alienazione parentale si è trasformata nel tempo) purtroppo trova ancora spazio nei nostri tribunali, ma non solo» prosegue la senatrice Valente. «Nel processo civile le consulenze tecniche d’ufficio (le CTU) sono scelte spesso in modo eccessivamente opinabile e discrezionale, senza criteri chiari e trasparenti e indipendentemente da una specifica e comprovata specializzazione dei consulenti selezionati: come vengono scelti psicologi e psichiatri che sposano scuole non riconosciute?» chiede la senatrice. «Perché vengono accreditati dai giudici? Come e perché il giudice si rifà a questi consulenti? Esistono molti modi per cercare la verità senza ricorrere alle consulenze esterne: per esempio ascoltare i testimoni, i vicini di casa, le maestre, per capire come stanno veramente le cose, se siamo di fronte a un uomo violento».

La proposta di legge

Un primo tentativo per cambiare la rotta viene da una proposta di legge appena presentata alla Camera, la 2937. Secondo i promotori (la prima firmataria è Veronica Giannone, segretario della Commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza e componente della Seconda Commissione Giustizia) il nodo cruciale è l’abbassamento dell’età d’ascolto dei minori a 10 anni, l’istituzione di una figura garante per vigilare sull’operato degli assistenti sociali, l’impedimento al ricorso alla PAS per allontanare i minori.

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