Negli ultimi due anni ci siamo trovati ad affrontare una situazione complessa, a causa della comparsa del virus SARS-CoV-2 che ci ha attanagliati nell’immobilità e nella paura dell’ignoto, ma non possiamo andare avanti così, ormai ce ne siamo accorti tutti, anche perché c’è un malessere diffuso. Quello che dobbiamo fare oggi è diventare protagonisti del nostro benessere fisico, emotivo e anche spirituale, spazzare via ogni pensiero che avvelena il nostro quotidiano e mettere in atto azioni per riprendere pieno possesso della nostra vita.
Ne parliamo con il dottor Marcello Monsellato, specialista in ortopedia e traumatologia, psicologo, psicoterapeuta, ideatore della medicina omeosinergetica e presidente della SIM società italiana medicina.
Baldini: Che cos’è l’Omeosinergia?
Monsellato: L’omeosinergia è un sogno che nasce dalla mia esperienza professionale e personale, un percorso fatto di idee, di vittorie e insuccessi, di separazioni, sconfitte, passione, sudore, gioia, amore. È un progetto che riguarda l’essere umano nella sua quintessenza e nella sua totalità. Ed è una sintesi di oltre 40 scuole che ho frequentato come allievo, di migliaia di corsi e tantissimi seminari e webinar. Tutto è cominciato quando avevo 25 anni, con la morte di un mio paziente; da allora ho cercato, sempre, altre chiavi di lettura, altre realtà che potessero aiutarmi a curare i miei pazienti. E ho conosciuto il mondo dell’agopuntura, dell’omeopatia, della scienza dell’alimentazione, la domotossicologia, la medicina bio cibernetica e nel frattempo sono diventato anche psicologo e psicoterapeuta. Ho conosciuto personaggi importanti come Roy Martina, Michael Beatrice, Staedtler. Poi, a un certo punto, si è innestata la mia realtà personale: nel ‘92 io mi sono ammalato di una patologia abbastanza importante e ne sono uscito iniziando a comprendere il sintomo, la sua funzione, il suo senso. Ed è qui che è nata l’omeosinergia e conseguentemente anche il concetto della benattia, cioè la capacità di vedere nella malattia soprattutto un aiuto, un supporto. Poi, la morte della compagna di allora per un tumore fulminante, di mio figlio di quattro anni e dei miei genitori, mi hanno fatto comprendere veramente cosa c’è dietro la vita, cosa c’è dietro la morte, e ancor più mi hanno permesso di definire il concetto di benattia e di omeosinergia. La stessa parola Omeosinergia ha 3 suffissi: Omeos Sin Ergia.
Omeos, in greco, vuol dire “simile”. Simile attira il simile; quindi, l’altro diventa uno strumento per poterci conoscere e la relazione diventa fondamentale per un processo di consapevolezza. Nel mio libro “Epigenetica relazionale”, spiego come l’arte di relazionarsi permette di cambiare addirittura il nostro patrimonio genetico. Questo moloch, che si pensava fosse non scalfibile, abbiamo scoperto che, a livello epigenetico, è possibile modularlo e adattarlo alle nostre necessità e alle nostre esigenze. L’epigenetica è una branca della genetica, nel senso più ampio del termine, che studia le modificazioni del nostro patrimonio genetico attraverso l’interazione con l’ambiente e con gli altri.
Sin, vuol dire “insieme”, vuol dire “unione”. Nell’unione c’è la forza per andare avanti ed è il terreno più fertile per un’esperienza di amore; mentre nella separazione nasce il malessere, nasce la distanza, nasce il giudizio.
Il suffisso Ergia, che non è l’energia chimica o biochimica né quella fisica o biofisica, è l’energia primordiale, quella energia che è la matrice di ogni cosa, quel vasto nulla che contiene il tutto e di cui gli esseri viventi sono formati e ne sono anche l’espressione fisico- biologica.
Ecco allora che nell’omeosinergia troviamo finalmente delle nuove chiavi di lettura, che ci possono far vedere quello che noi viviamo da un altro punto di vista. Nasce così il concetto della benattia.

Baldini: Perché benattia?

Monsellato: Perché fondamentalmente la malattia è una reazione di adattamento rispetto ad un qualcosa che stiamo vivendo, ad un’esperienza stressante, ad un lutto, ad un abbandono, ad una gioia. Il nostro organismo reagisce sempre e registra tutto. Ecco allora che ogni sintomo diventa un’informazione, che rende visibile un processo invisibile.
Se rimaniamo in superficie delle malattie, possiamo curarle ma non possiamo guarirle, perché la cura è di pertinenza di ogni terapeuta, mentre la guarigione è solo del paziente. Se riusciamo ad andare alla vera causa, anche la patologia come la sclerosi multipla o come un tumore può sciogliersi. Abbiamo dei casi molto chiari e documentati scientificamente, dove abbiamo risolto patologie che vengono giudicate incurabili. Noi riusciamo ad andare alle vere cause; spieghiamo ai pazienti perché hanno creato quello che hanno e conoscendo queste dinamiche, vedendole da un altro punto di vista, possono effettivamente cambiare anche gli effetti. Quindi diciamo che la omeosinergia è la sintesi di varie scuole di pensiero dove alla fine, secondo il mio modesto punto di vista, ho trovato la chiave per poter far sì che il paziente possa prendere in mano la sua vita e guarire… non soltanto essere curato.

Baldini: Omeosinergia è anche una scuola, vero?

Monsellato: Noi, come omeosinergia, abbiamo delle scuole dove i terapeuti vengono ad apprendere le nostre chiavi di lettura del linguaggio del corpo, perché il corpo è un libro da saper leggere. L’omeosinergia, in particolare la sua filosofia, è fisica quantistica applicata alla vita quotidiana; riprende le leggi fondamentali dell’universo, che noi cerchiamo di applicare nella vita quotidiana.

Baldini: quando nasce Sim e a che necessità risponde?

Monsellato: la necessità è quella di ritrovare il senso profondo dell’ars medica, di confrontarsi con la complessità, di studiare nuovi percorsi di cura e di salute, di passare dall’esterno all’interno, da un virus all’organismo, da una malattia a un paziente. Nasce così la società italiana di medicina, la SIM, di cui sono presidente, che è una federazione di associazioni, uno spazio di confronto aperto, libero da vincoli commerciali, partitici e ideologici; è uno spazio interdisciplinare e multidisciplinare dove vengono accorpate quelle associazioni che fondamentalmente rispondono a 4 requisiti:

1)     Libertà di espressione: è impossibile che un medico, un sanitario, un libero pensatore, un filosofo, non possano esprimere un proprio punto di vista;

2)     Libertà di cura: un paziente, una volta sentite le varie possibilità e opportunità, deve avere la libertà di poter decidere cosa fare della sua vita e della sua malattia.

3)     Libertà di terapia: un medico, secondo scienza e coscienza e valutando rischi e benefici, deve scegliere la terapia più opportuna per il suo paziente, perché ne conosce la storia, il suo terreno, le predisposizioni.

4)     La libertà da conflitti di interesse.

È un progetto inclusivo, unico in Italia, partecipativo, rivolto ad associazioni sanitarie, a liberi professionisti, alla collettività. Io immagino la SIM come una rete diffusa in cui i nodi sono le associazioni, i medici, i farmacisti, i biologi e tutti gli operatori della sanità che condividono una visione integrata e olistica della medicina, una visione umana della medicina. Una rete che funga da supporto e da filtro, capace di favorire sinergie, di organizzare spazi di condivisione, dialogo e implicare competenze collettive di collaborazione.

Baldini: Quindi bisogna in qualche modo diventare medici di noi stessi?

Monsellato: Hai perfettamente colto l’essenza di quello che faccio e propongo. Non tanto medici di se stessi, perché ci vuole un medico che ti prenda per mano e che accompagni in un percorso. Più che medici, bisogna essere consapevoli, centrati sulla nostra storia, sulla nostra realtà; capire che non c’è un errore. C’è soltanto un’esperienza. E ogni relazione, ogni incontro, è un’opportunità che noi abbiamo per conoscerci.

Baldini: l’omeosinergia nasce dalla tua storia, costellata anche da eventi traumatici collegati al lutto. In questo tuo percorso, hai capito cosa c’è dietro la vita e cosa c’è dietro la morte?

Monsellato: Allora, ti parlo della mia esperienza: ortopedico; pronto soccorso; arriva un paziente politraumatizzato con frattura della base cranica, sfondamento della gabbia toracica, perforazione polmonare, spappolamento della milza, fratture multiple del bacino. Io mi guardo con l’anestesista e gli dico “questa persona non dura neanche 20 minuti”; lui mi risponde “no, ma neanche cinque minuti”. Ed è ancora in vita. Poi un altro giorno arriva un ragazzo di 16 anni per fare una tonsillectomia e muore. Prima grande esperienza che mi ha veramente destabilizzato. Bambini piccoli, appena nati, che stanno benissimo e muoiono… le classiche morti bianche innocenti. Ecco, lì ho scoperto una cosa interessante: che non si muore per una malattia, si muore perché c’è al nostro interno un orologio biologico, che parte da quando nasciamo. Ognuno ha il suo, per cui quando arriva l’ora non ce n’è per nessuno. Se tu hai una malattia, te ne vai grazie alla malattia, ma, se tu sei in un albergo e c’è un terremoto, te ne vai grazie al terremoto. È una scelta che si fa prima di nascere. Questo tipo di realtà che sembra avere un aspetto essenzialmente spirituale, l’ho studiato a livello biologico. E lo riscontriamo nei telomeri. I telomeri sono dei cappucci terminali dei cromosomi e che, man mano viviamo, si consumano. Quando questi telomeri si sono consumati, si muore. Ti racconto la storia di due donne che avevano un problema al seno identico, curato. Sembravano due gemelle: hanno fatto, stessa malattia, stessa sedazione, stesso protocollo terapeutico. Una non c’è più e l’altra invece è ancora in vita. Domanda: cosa c’è dietro la morte? C’è una scelta e quando arriva non c’è terapia che tenga e non c’è Dio che tenga.

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