Una chirurga messa in un magazzino non è una cosa molto frequente. Eppure, in tempo di pandemia, succede anche questo. E accade in Toscana, nel polo ospedaliero di Nottola a Montepulciano dove la dottoressa Maria Grazia Di Corcia, dirigente medico e chirurgo specializzato in chirurgia generale viene messa in isolamento all’interno dell’ospedale stesso senza nessuna ragione sanitaria né di altro tipo.
Ma andiamo con ordine. Il 3 gennaio, la dottoressa Di Corcia viene sospesa dall’ordine dei medici, su segnalazione della Asl di competenza. Una decisione accettata ma che la stessa impugna con un ricorso d’urgenza presentato dal suo avvocato che però viene bloccato, in quanto il 12 marzo l’ordine dei medici ritiene valida la sua certificazione di esonero dalla vaccinazione Covid e revoca la sua sospensione.
“E qui, inizia il mio calvario più doloroso” racconta Maria Grazia Di Corcia “L’azienda mi dice che posso rientrare e che sono riammessa al lavoro senza nessuna preclusione. Ma non è così. Sono un chirurgo e il mio ruolo è stare in sala operatoria, in reparto, negli ambulatori, fare consulenze al pronto soccorso. Invece mi assegnano delle mansioni alternative che consistono nelle dimissioni dei pazienti e nella chiusura amministrativa delle dimissioni, le sdo (schede di dimissione ospedaliera). Quindi vengo bloccata il giorno stesso del mio rientro, perché devo prima fare la visita dal medico competente per essere abilitata. Il problema è che sia per le dimissioni e sia le sdo è previsto che il medico abbia conoscenza del paziente, ma a me è stato proibito accostarmi ai pazienti, tantomeno visitarli! Così come mi è stato proibito avere contatti con i miei colleghi e stare negli stessi ambienti. Vengo relegata in un magazzino dove c’è un deposito di presidi per l’area covid, a pochi metri dagli spazi che prima condividevo i miei colleghi.”
Quella di Maria Grazia è un’esperienza dolorosa di esclusione e mancato rispetto dei diritti fondamentali di ogni essere umano. “Ho insistito per avere un telefono, perché non c’era nemmeno quello. Mi hanno anche messo un computer perché la loro idea era quella di farmi fare le sdo. In realtà, io le sdo non potevo farle, perché fanno parte integrante della cartella clinica ed io non potevo visitare i pazienti. Ci tengo però a precisare che non mi sono mai rifiutata di fare quello che loro volevano che io facessi. Quindi anche sulle sdo io non ho mai detto non le voglio fare; la verità è che non hanno mai tracciato un percorso perché io potessi avere sdo.
Mi sono sentita molto arrabbiata per quello che mi stava succedendo, perché per me è irreale tutto questo. Quando ho preso il telefono in mano e ho protestato con la direzione sanitaria per il posto che mi avevano attribuito, sentirmi rispondere che non c’era un altro posto da potermi dare in tutto l’ospedale, mi ha fatto capire come nascono i regimi e mi sono risuonate le parole di Primo Levi…
Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali. Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione. Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”
e di Hannah Arendt ne “La banalità del male” a Eichmann: “Non perché te lo hanno detto gli altri; tu hai una mente, un cuore e tu devi decidere quello che è giusto che sia. Così non sei più un uomo.”
Davanti a me non avevo più degli uomini, avevo degli automi. Ed è la scoperta più angosciante che io abbia avuto.”
La dottoressa Di Corcia racconta che qualche collega, in tutta questa disavventura, le è stato molto vicino e l’ha sostenuta. Anche gli infermieri erano attoniti e non comprendevano perché fosse stata punita in quella maniera.
“Questa per me è stata una punizione vera e propria, non ha avuto nessuna ragione sanitaria; anche perché, nel periodo della mia sospensione, l’ospedale è stato bloccato a causa dei moltissimi operatori sanitari ammalati. Hanno dovuto ridurre l’attività e qualche volta chiudere anche dei reparti. Questa è stata la dimostrazione provata che la mia sospensione e successivamente il mio isolamento all’interno dell’ospedale, non avessero nessun motivo di essere se non un’azione punitiva!”
Quando è stata riammessa in servizio e sono state scritte le sue mansioni, questo documento è stato mandato anche a tutti i suoi colleghi. Allora Maria Grazia inizia un’azione legale, solamente preliminare, facendo presente che era stata violata la sua privacy. Ma non solo: quando è stata riammessa con le mansioni alternative, sono passate più di due settimane prima che le fosse assegnato quel posto. Periodo in cui ha dovuto muoversi nell’ospedale come un fantasma per timbrare il cartellino e non incrociare nessuno. Ci sono volute le pec dell’avvocato per sollecitare il primario e la direzione sanitaria a darle un posto dove poter svolgere le sue mansioni. Dopo il sollecito legale è arrivato questo posto (il magazzino) che è rimasto tale fino ad oggi.
L’avvocato poi ha sconsigliato la dottoressa Di Corcia di procedere con l’azione legale. Ma dopo aver letto frasi terribili sulla chat del sindacato nei confronti dei medici non vaccinati, ha lasciato l’ANAAO (Sindacato Medici e Dirigenti sanitari SNN) e si è iscritta al sindacato della Fisi (Federazione italiana sindacati intercategoriali) dove due avvocati hanno presentato un ricorso super, veramente ineccepibile. Il giudice ha ritenuto che se ci poteva essere una logica di precauzione all’inizio della pandemia nell’avere determinati atteggiamenti (ovviamente non quello di chiuderla in un magazzino), questo non poteva essere più accettato nella nuova realtà che si stava profilando.
Maria Grazia ha vinto la sua battaglia ma non è finita qui, perché la Asl ha fatto appello e quindi ci saranno altre sedute in tribunale su questa faccenda.
“Non sono mai stata una novax e non posso essere considerata tale. Pochi anni fa, mi sono vaccinata spontaneamente con due dosi di vaccino anti morbillo, perché da bambina non lo avevo avuto” termina così il suo racconto “guardandomi indietro, sono contenta di me stessa, perché sono riuscita ad avere freddezza e nello stesso tempo coerenza e pazienza, sperando che tutto questo prima o poi finisse. E questo qualcosa sta finendo… non so fino a quando e non so cosa succederà, però l’ordinanza del giudice mi ha dato fiducia nella giustizia e posso vedere solo positivo davanti a me. Invito tutti a vedere positivo, ma questo non significa non lottare: significa continuare a lottare per le proprie libertà e soprattutto per la scienza e per il ruolo che noi abbiamo di medici.”
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